Io speriamo che me la cavo…

 L’altro ieri, il 4 luglio, la struttura commissariale sanitaria ha revocato il decreto n. 92 del 22 maggio scorso sulla riorganizzazione della rete ospedaliera e delle reti tempo-dipendenti, approvato dopo un’attesa di circa 8 anni dall’ultimo provvedimento in materia (il DCA 47/2017, dell’epoca Frattura, successivo all’entrata in vigore del decreto Balduzzi).

Non sono state rese note le ragioni che hanno costretto al passo indietro: nel provvedimento di revoca si limitano a citare un non meglio precisato parere ministeriale, che però non è allegato e nemmeno illustrato nel suo contenuto, dunque al momento insondabile.

È ipotizzabile però che i ministeri non si siano limitati a sollecitare limature, quanto piuttosto modifiche sostanziali, altrimenti la struttura commissariale non lo avrebbe revocato tout court ma solo integrato, come peraltro già previsto ab origine per l’ipotesi in cui il tavolo romano avesse valutato necessaria una correzione.

Per comprendere le motivazioni che hanno determinato la revoca ho presentato una richiesta di accesso agli atti urgente, perché si tratta del documento di programmazione più importante per la garanzia della salute dei cittadini e la sua revoca non costituisce un problema formale, bensì sostanziale.

Perché in assenza di una disciplina specifica (e aggiornata) che regoli la gestione dei pazienti tempo-dipendenti si determina una situazione inammissibile di anarchia, in cui il trattamento e la cura sono rimessi sostanzialmente alla sorte.

I punti dirimenti del provvedimento sono due: 1. il numero e la tipologia di posti letto (per ciascun ospedale pubblico e struttura privata), attualmente complessivamente inferiore ai parametri già assai penalizzanti del Balduzzi; 2. il rapporto con gli erogatori privati che gestiscono in regime di monopolio privato la rete delle malattie tempo-dipendenti, già bocciato dal Tar Molise con sentenza 67 dell’8 marzo 2024 proprio per l’assenza di uno specifico vincolo contrattuale idoneo a garantire il trattamento dei pazienti molisani.

Se è così, la revoca del provvedimento può rappresentare (paradossalmente) un’occasione per la politica di dimostrare di servire ancora a qualcosa: Roberti e la maggioranza regionale di centrodestra hanno l’opportunità di mantenere gli impegni assunti in campagna elettorale e pretendere dal Governo Meloni di concepire per il Molise deroghe specifiche al Balduzzi, potenziando l’offerta sanitaria pubblica drammaticamente penalizzata, nonché pretendere dalla struttura commissariale di introdurre vincoli giuridici specifici per le strutture private inserite nelle reti tempo-dipendenti per assicurare il trattamento degli utenti molisani secondo i principi di universalità e gratuità.

In caso contrario, se la revoca fosse invece (come temo) il preludio addirittura per un peggioramento della situazione attuale e un ulteriore svuotamento dell’offerta sanitaria pubblica, non resterebbe che aprire un vero fronte istituzionale e sociale di ribellione politica, oltre all’attivazione di ogni azione giudiziaria volta a ripristinare il diritto alla salute e la dignità dei molisani.

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