Ascoltando l’altra sera a Teleregione Francesco Roberti su come intenda affrontare il governo Meloni relativamente al disavanzo sanitario, mi è venuta in mente la scena di “Rimini Rimini” quando uno straordinario Maurizio Micheli nei panni di uno sfigatissimo showman, dopo aver sedotto Noce (Laura Antonelli) con una tragicomica interpretazione di “Champagne” di Peppino Di Capri, è costretto a rinunciare all’onorario da favola pattuito in valuta estera e a un ingaggio stellare al Madison Square Garden di New York, dovendosi accontentare del miserrimo compenso di 2 kg e mezzo di controfiletto e finendo per elemosinare almeno “un pezzetto di osso per il brodo”.
In sintesi, una disfatta.
Cosa ha detto Roberti venerdì sera in tv? Semplice: che i molisani pagheranno altri 150 mila euro per un consulente finanziario incaricato di scoprire a quanto ammonti effettivamente il debito sanitario, per poi chiedere al governo “fondi aggiuntivi”. Campa cavallo, insomma.
Nel frattempo, e malgrado la promessa del “decreto Molise” che avrebbe dovuto cancellare il debito sanitario, sulle spalle dei contribuenti regionali continuano a gravare 560 milioni di disavanzo causato da 15 anni di commissariamento dello Stato – indebitando le future generazioni per i prossimi 30 anni – che i molisani ‘onorano’ pagando le tasse più alte d’Italia, persino oltre il massimo di legge, e subendo il blocco di ogni spesa non obbligatoria fino al 31/12/2025.
A fronte di questo scenario da economia di guerra, che esigerebbe azioni decise e conseguenti, cominciando a fare le pulci a tutti coloro che in 15 anni si sono ‘distratti’, a partire dai ministeri della salute e dell’economia, la ricetta di Roberti è quella di far pagare ai molisani altri 150 mila euro per un altro consulente, forse ignorando che dallo stesso numero di anni paghiamo decine di milioni di euro per un advisor contabile che da contratto avrebbe dovuto proprio monitorare i conti pubblici della sanità per garantire l’equilibrio economico finanziario.
In questo momento ci sarebbe bisogno di un governo regionale forte, coraggioso e con le idee chiare, in grado di fronteggiare il governo centrale con l’autorevolezza intransigente di chi difende la propria terra da un oggettivo e insopportabile sopruso istituzionale.
Invece abbiamo un presidente devoto e riverente, il cui approccio politico non differisce da quello di un questuante con il consueto cappello in mano.